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Giovedì, 09 Maggio 2019 14:20

Per il 68% degli italiani l’AI cambierà il modo di lavorare

I dati di un’indagine Citrix: per una persona su due l’impatto dell’intelligenza artificiale in azienda sarà positivo. Fra i timori più diffusi ci sono la perdita di posti di lavoro e l’evoluzione verso un contesto meno umano.

A prescindere da come la si pensi, sarà difficile ignorare l’intelligenza artificiale in azienda. Secondo il 68,2 per cento degli italiani, infatti nei prossimi cinque anni gli algoritmi di AI influenzeranno in modo significativo il modo di lavorare. Per una persona su due l’impatto dei “cervelli digitali” sarà positivo, mentre solo sette su cento hanno una visione negativa. Per quasi il 42 per cento, infine, l’intelligenza artificiale applicata al business avrà risvolti sia positivi sia negativi. I dati derivano da un’indagine condotta a marzo da Citrix su un campione di cinquecento lavoratori della conoscenza e sottolineano come la metà del panel pensi che, grazie all’AI, i dipendenti saranno capaci di svolgere mansioni più complesse. Solo il 3,8 per cento crede però che gli algoritmi siano in grado di creare nuovi posti di lavoro.

Tra i timori legati all’avvento dell’intelligenza artificiale, spiccano al contrario la perdita di posti di lavoro (37,2 per cento) e l’evoluzione verso un’azienda meno umana (36,2 per cento). “La portata dell’AI non è ancora pienamente compresa dalle persone, nonostante sappiano che si tratta di un elemento destinato ad avere conseguenze importanti sul loro modo di operare”, ha spiegato Andrea Dossena, country manager di Citrix Italia.

L’indagine mostra comunque come i lavoratori italiani non vogliano necessariamente competere con i robot e gli algoritmi, nonostante le paure legate alla possibile perdita del posto. Quello che gli intervistati hanno mostrato di volere, invece, è riuscire a sviluppare determinate competenze nei prossimi cinque anni. In particolare, il 43,8 per cento del campione vorrebbe formarsi di più in ambito tecnologico, mentre il 31,4 per cento sceglierebbe la creatività e solo il 10 per cento una soft skill come l’empatia.