Stampa « Categoria: News

Giovedì, 10 Novembre 2011 08:21

Rinnovare la distribuzione per resistere alla tempesta

Il mercato italiano delle auto nuove si avvia a chiudere il 2011 con un giro d’affari netto di poco superiore ai 31 miliardi di euro, a fronte di circa 1.750.000 immatricolazioni. È una flessione del 7% rispetto al 2010, anno ancora accettabile, seppur segnato già dalla minore domanda dei privati.

Proprio i privati chiuderanno l’anno avendo acquistato auto per meno di 20 miliardi di euro (la cifra più bassa da molti anni), mentre gli acquisti di società e noleggiatori, per un valore di circa 11,5 miliardi di euro, sono in crescita rispetto allo scorso anno.

Sono le cifre presentate a Roma nel corso del summit La Capitale Automobile dal Centro Studi Fleet&Mobility, che ormai da anni misura il mercato delle auto nuove in valore.

Dal 2009, quando la domanda fu artificialmente sostenuta dai forti incentivi pubblici, gli acquisti dei privati sono diminuiti del 20%. Le cause vanno ricercate nella grande abbuffata determinata dagli incentivi, che hanno indotto molti ad anticipare gli acquisti, e nel clima di sfiducia in cui versano le famiglie italiane, di fronte alle difficoltà oggettive della nostra economia. Ma sarebbe sbagliato non vedere che questa crisi ha determinato anche un cambiamento nel modello di consumo, ora meno indulgente e più prudente, che induce tutti gli operatori a prevedere per il decennio 2010-2019 una media di 1.900.000 auto nuove immatricolate all’anno, rispetto ai 2.300.000 del periodo 2000-2009.

Sempre nel corso del summit di Roma è emerso che a questo livello di domanda l’attuale rete dei concessionari non riesce a sopravvivere, imponendo di fatto alle Case una ristrutturazione.

Oggi in Italia operano circa 1.300 concessionari che gestiscono circa 3.700 mandati. Questi concessionari nel 2011 si spartiscono una torta poco superiore ai 26 miliardi di euro, escludendo le vendite ai noleggiatori, che lasciano al dealer un margine troppo esiguo. Due anni fa, la torta era ben oltre i 30 miliardi. Questa differenza si traduce, in media, in una flessione di oltre 3 milioni di ricavi per ogni concessionaria.

In queste cifre c’è tutta la dimensione del problema, che impone una riduzione del numero dei concessionari.

In concreto, meno concessionarie può significare affidare a uno stesso dealer un territorio più grande. Ma questo modello è di difficile applicazione, perché la forza di una concessionaria dipende molto dalla sua storica presenza sul territorio, che in Italia si identifica in genere con la provincia.

L’alternativa è accettare che un concessionario copra il suo territorio storico, assumendo nella sostanza – non essendo possibile nella forma – anche altri mandati, in modo da poter generare comunque quel giro d’affari minimo necessario a coprire i costi e generare un utile. Non è difficile intuire quanto le Case siano visceralmente contrarie a questa opzione.

Così, preferiscono insistere sulla vecchia formula che prevede di guadagnare ancora di più dai servizi per coprire buchi sempre maggiori sulle vendite del “ferro”. Ma i concessionari non la vedono esattamente così, perché i riparatori indipendenti sono ogni giorno più agguerriti e perché i prodotti finanziari non danno più quei margini che fino a tre anni fa consentivano di chiudere i bilanci in attivo.

Forse siamo davvero arrivati al punto in cui qualcosa cambierà nella distribuzione automobilistica. 

Fonte / Source:

 

Pier Luigi del Viscovo - Fleet&Mobility

  

Riferimento al Network OuNet / Relates to:

 

Outsourcing Network