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Martedì, 21 Febbraio 2012 08:21

Canone RAI anche per aziende e professionisti con PC, smartphone e tablet.

“Chiunque detenga uno o più apparecchi atti od adattabili alla ricezione delle radioaudizioni è obbligato al pagamento del canone di abbonamento, giusta le norme di cui al presente decreto”: è l’art. 1 del Regio Decreto Legge n. 246 del '38 su cui si basa l’esistenza del canone RAI.

Non è altro che un'imposta sulla detenzione di apparecchi atti o adattabili alla ricezione di radioaudizioni televisive nel territorio italiano, indipendente dalla reale fruizione o dalla volontà di fruire dei programmi trasmessi dai vari operatori televisivi.

Le entrate dello Stato derivanti da questa imposta sono devoluti direttamente alla società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo italiano.

In questi giorni sono in corso delle polemiche perché la RAI ha inviato una lettera ad aziende e studi professionali romani per chiedere il pagamento di un canone speciale per il possesso di pc o apparecchi simili, come smartphone e tablet, collegati alla Rete, in quanto apparecchi idonei alla già tante volte citata “ricezione di radioaudizioni”, indipendentemente dall’uso al quale gli stessi vengono adibiti.

La cosa strana, non è tanto il fatto della pretesa di un canone speciale (peraltro introdotto dal Decreto legislativo luogotenenziale n. 458 del’44, “Qualora le radioaudizioni siano effettuate in esercizi pubblici o in locali aperti al pubblico o comunque al di fuori dell’ambito familiare, o gli apparecchi radioriceventi siano impiegati a scopo di lucro diretto o indiretto, l’utente dovrà stipulare uno speciale abbonamento”) quanto la comparazione di computer e pospositivi come iPhone e iPad alla vecchia e cara TV.

Una richiesta assurda secondo associazioni imprenditoriali e di consumatori, in quanto si tratterebbe di un’ennesima tassa sul lavoro visto che imprenditori e professionisti utilizzano tali dispositivi quasi esclusivamente per svolgere la propria attività. Inoltre, pare assurdo ricorrere ad un RDL di 74 anni fa per ottenere nuovi introiti.

La richiesta, invece, trova il suo fondamento nel recente decreto n. 201/11 “salva Italia”, dove all’art. 17 si parla proprio di Canone RAI:”Le imprese e le società, ai sensi di quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, nella relativa dichiarazione dei redditi, devono indicare il numero di abbonamento speciale alla radio o alla televisione la categoria di appartenenza ai fini dell'applicazione della tariffa di abbonamento radiotelevisivo speciale, nonché gli altri elementi che saranno eventualmente indicati nel provvedimento di approvazione del modello per la dichiarazione dei redditi, ai fini della verifica del pagamento del canone di abbonamento radiotelevisivo speciale”.

“La Rai, un'azienda lottizzata che sempre di più sforna cattiva informazione e servizi spesso taroccati e strappalacrime per inseguire il feticcio dell'audience, - affermano Adusbef e Federconsumatori, secondo cui la richiesta sarebbe l'ennesimo tentativo di scippo con destrezza che deve essere respinto al mittente, da parte del ministro dello Sviluppo Economico Passera - ha sfornato l'ennesimo balzello, a carico di imprese, studi professionali ed uffici, per imporre un pesante tributo sul possesso non solo degli apparecchi Tv, ma anche di qualsiasi dispositivo atto o adattabile a ricevere il segnale tv, inclusi monitor per il Pc, videofonini, videoregistratori, Ipad, addirittura sistemi di videosorveglianza, telefonini che si collegano ad internet con una somma che, a seconda della tipologia di impresa, va da un minimo di 200 euro fino a 6.000 euro l'anno a carico di oltre 5 milioni di utenti per un controvalore di 1 miliardo di euro l'anno”.

Forti lamentele anche da alcuni senatori del PD come Morri e Vimercati:”La richiesta da parte della Rai di far pagare il canone speciale anche alle aziende e privati possessori di pc, tablet e smartphone è priva di qualsiasi fondamento e razionalità. Per altro si tratta di una decisione improvvida che non è suffragata né a livello parlamentare né governativo. Non si comprende come possa essere stata intrapresa un'azione che incide in maniera così forte su un consistente numero di realtà produttive. È necessario che al più presto - continuano il capogruppo in Vigilanza e il segretario della commissione Lavori pubblici - si chiarisca che tale tassa non è dovuta e per questa ragione abbiamo presentato un'interrogazione urgente in commissione di Vigilanza rivolta sia al ministro competente che alla direzione generale della Rai”.