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Tuesday, 20 January 2015 12:19

Email marketing: i miti da sfatare per ottimizzare gli invii


Inviare email al proprio database di clienti o potenziali tali è ancora uno dei metodi più efficaci con cui i brand possono comunicare il proprio messaggio o promuovere i propri prodotti e servizi. Secondo gli esperti di marketing digitale, oggi la sfida dell’email marketing non è tanto battere la concorrenza dei social media, quanto quella di risultare efficace nel mare magno dei miliardi di email inviati ogni giorno.


Per risultare efficace, l’email marketing deve basarsi sulle “evidenze” cioè sul comportamento reale degli utenti, e non sui “miti”, cioè su convinzioni non avallate da alcuna statistica. Chi ha individuato alcuni dei più comuni “miti” sull’email marketing è l’agenzia specializzata Email Monks, che sul proprio sito li smonta uno a uno: il messaggio è che l’email marketing funziona diversamente a seconda dei settori merceologici, dei target e dei brand che lo utilizzano, e che non bisogna mai avere convinzioni troppo granitiche su ciò che è o non è efficace. Di seguito, alcuni dei miti da sfatare secondo Email Monks.

Più email si spediscono, più alto è il numero di chi si cancella dalla lista di spedizione
(falso)
È la più diffusa convinzione riguardo l’invio di email di marketing: Email Monks cita però due diverse statistiche: la prima, elaborata da Alchemy Worx, indica che l’aumento degli invii da 1 a 4 al mese raddoppia il tasso di apertura delle email e genera un aumento medio dell’11% del fatturato generato dal mezzo. La seconda, prodotta da Hubspot, rileva che inviare email 4 o 5 volte al mese dimezza il numero di chi si cancella dalla lista rispetto a 1 solo invio. Un esempio tratto dal grafico di Hubspot: con 2 invii al mese il tasso medio di cancellazione è circa lo 0,65%, mentre con 31 invii al mese è dello 0,12%. La frequenza di invio più gradita varia comunque in base al settore, al brand, ai contenuti. Per trovare la giusta frequenza occorre testare il proprio target.

Le email con immagini sono più efficaci
(parzialmente falso)
È vero che le immagini sono più immediate ed evocative, ma non è sempre vero che determinano un tasso più elevato di apertura delle email. Uno studio di ExactTarget rileva che più del 60% dei programmi di posta blocca automaticamente le immagini, e secondo Hubspot le email senza immagini vengono cliccate l’1% delle volte in più rispetto a quelle con immagini. Meglio dunque non strafare con le immagini e affiancarvi sempre un testo alternativo che ne riporta il messaggio nel caso non siano viasualizzate dall’utente.

Più breve è l’oggetto dell’email, più alto è il tasso di apertura
(falso)
Secondo Email Monks scrivere un testo lungo per l’oggetto di una mail non è più un peccato, nemmeno veniale: lo conferma una statistica di Adestra, dalla quale emerge che il tasso di apertura di una mail è superiore alla media del 30% se l’oggetto ha 130 caratteri, mentre è inferiore alla media del 17% se ha 30 caratteri. Utilizzare più parole per esplicitare meglio il contenuto del messaggio o per incuriosire l’utente può incrementare l’efficacia della mail anche se, specifica Email Monks, anche in questo caso la lunghezza ideale dipende dal settore e dalla natura del messaggio. Meglio fare qualche test per capire cosa funziona meglio.

L’oggetto dell’email è quello che ne determina o meno l’apertura
(parzialmente falso)
L’oggetto, cioè il titolo della mail, non è l’unico elemento che gioca a favore (o a sfavore dell’apertura): Email Monks afferma infatti secondo le più recenti ricerche la ragione principale per aprire una mail è il nome del mittente (67% dei casi). L’oggetto è al secondo posto (47%), seguito dal tipo di offerta/messaggio (26%) e dalle prime righe dell’email (14%).

Non si può inviare la stessa email due volte
(falso)
Perché no, domanda Email Monks. Rimandare la stessa email a chi non l’ha aperta al primo invio riduce i costi di una nuova impaginazione e reimmissione di link e codici. Del resto, il tasso medio di apertura delle email nel 2014 è stato del 17,1%. Ciò significa che l’80% del database (di qualunque database) non ha letto l’email la prima volta. Va bene quindi rispedirla, anche se è bene usare l’accortezza di modificarne l’oggetto. L’invio della stessa email con un oggetto diverso incrementa il tasso di apertura del 60%.

Le email più aperte sono quelle inviate il lunedì e il martedì
(parzialmente falso)
Le statistiche indicano che il tasso di apertura medio più elevato (10,7%) si ha nei giorni di martedì e mercoledì. Lunedì e venerdì si eguagliano, con il 10,4%, così come giovedì e sabato, con il 9,4%. Il giorno di invio meno efficace sembra essere la domenica, con un tasso di apertura del solo 8,5%. Sicuramente, anche la scelta dei giorni della settimana deve essere ponderata in base al target, al settore e all’ambito in cui si opera (B2B o B2C).

Chi è iscritto da tempo a lista è un fedele lettore delle mail che gli sono inviate
(falso)
Non è necessariamente vero che chi riceve da tanto tempo le email di un brand e non si è mai disiscritto dalla lista sia un lettore affezionato. Anzi, dice Email Monks, molte volte è vero il contrario. Più a lungo un utente rimane iscritto a una lista, più è alto il rischio che divenga un utente inattivo. Le statistiche consumer rivelano dopo 31 mesi di iscrizione a una lista di email, il 43% degli iscritti è più propenso considerare spam le email inviategli. Inoltre, il 25% di un database “scade” mediamente dopo un anno a causa del fatto che le persone cambiano lavoro, indirizzo email, provider etc.

Per “pulire” il database è sufficiente eliminare gli indirizzi non più validi
(parzialmente falso)
Eliminare gli indirizzi non più validi è necessario, ma non sufficiente. “Pulire” una lista per massimizzare l’efficacia della comunicazione significa anche eliminare gli utenti non più attivi (quelli che non aprono mai le email), aggiornare le preferenze degli iscritti, verificare la profilazione, analizzare il comportamento di chi riceve le mail e modificare invii e messaggi di conseguenza. Email Monks riporta che eliminare dal database i nominativi “inattivi” da più di un anno aumenta il tasso di consegna delle mail dal 3% al 5% e che una lista veramente pulita riduce del 98% il tasso di rimbalzo dal sito cui conduce il messaggio email.